“I nostri prodotti fanno ancora sognare. L’imprenditore? Come un pilota Moto GP”.
Ogni tanto ci piace ascoltare esperti di diversa estrazione professionale che hanno un punto di vista particolare o uno sguardo critico sul made in Italy. Crediamo sia un modo utile per alimentare la discussione intorno a un tema di interesse collettivo e comprenderne al meglio tutte le sfaccettature.
Nei giorni scorsi abbiamo avuto il piacere di incontrare Giampiero Cito, pubblicitario di Siena che ha curato la direzione creativa per molte campagne di brand nazionali e ha scritto per Rizzoli due libri insieme al collega Antonio Paolo: “Mad in Italy. Quindici consigli per fare impresa in Italia, nonostante l’Italia” (2012) e “Italia Caput Mundi” (2014).
Una bella occasione per fare una piacevole chiacchierata su prodotti italiani, imprenditori, start-up, tradizioni, futuro e altri argomenti che ci interessano da vicino.
Giampiero, quando ti sei innamorato dei prodotti italiani? Come è nato il tuo progetto “Mad in Italy”?
Il made in Italy è uno dei brand più importanti per il futuro del nostro paese. Prima di essere un pubblicitario sono un italiano orgoglioso di esserlo, pur con tutte le contraddizioni evidenti e le grosse difficoltà che ci sono nell’essere cittadini di questa bellissima nazione fatta di orticelli in cui spunta frequentemente la gramigna, specialmente per la mia generazione di quarantenni insoddisfatti.
I prodotti made in Italy ci hanno accompagnato per tutta la nostra infanzia, dalle scarpe con gli occhi, ai giocattoli della Gig, al gorgonzola con la goccia, all’Acqua Panna, al gelato, alla pasta all’uovo, alla prima Panda, alla Vespa 50 Special, alla lampada che illuminava i nostri studi, al giubbotto con le piume d’oca, alla Nutella, al caffè napoletano, al Brunello della mia terra (la provincia di Siena), alla Ferrari di cui siamo tutti tifosi. Anche per questo, con i pubblicitari della mia vecchia agenzia, pensammo di celebrare questo grande marchio ma soprattutto i produttori che, molto più di noi che lavoriamo nel mondo della pubblicità, sono i veri creativi della nostra Italia.
Il Progetto Mad in Italy nacque proprio per valorizzare la lucida follia di quei pazzi che continuano a credere che si possano fare le cose belle e buone in Italia, nonostante l’Italia.
Qual è il significato profondo della definizione “made in Italy”?
Il “made in”, che per altri paesi rappresenta soltanto un’indicazione geografica del luogo dove si produce un oggetto, da noi assume un senso più ampio: i prodotti fatti in Italia sono figli di una storia che discende da tutti i grandi pensatori italiani, da Dante a Olivetti, da Machiavelli a Ferrari, da Umberto Eco a Michele Ferrero. L’Italia è la terra di grandi personalità e spesso i grandi brand italiani portano ancora il loro cognome.
Perché i prodotti italiani piacciono tanto all’estero? Cosa c’è nei nostri prodotti che attira di più?
All’estero ci viene ancora riconosciuto il valore di realizzare prodotti belli e ben fatti. Un abito di Valentino o una Vespa, ad esempio, non sono soltanto capaci di raccontare al mondo l’estro di un grande stilista o il genio di un grande designer ma raccolgono l’eredita e la tramandano, portandosi dietro il fascino di un’epoca in cui l’Italia riusciva, forse più di oggi, a imporre uno stile di vita che faceva sognare.
Ecco, credo che i prodotti italiani facciano sognare. Questo è il loro più grande valore.
Il prodotto italiano come simbolo di uno stile di vita che fa sognare, dunque. Come vedi l’evoluzione del made in Italy nel prossimo futuro? Sarà ancora determinante per la competitività delle nostre aziende?
Alla fine del 2012, insieme al mio collega Antonio Paolo, ho dato seguito al progetto “Mad in Italy” con un’altra pubblicazione: “Italia Caput Mundi”. In quel libro descrivevamo l’Italia come un grande corpo umano in cui i prodotti ne rappresentano le varie parti. Ma come ogni corpo, bisogna che ogni organo funzioni correttamente altrimenti anche le altre parti ne risentiranno inevitabilmente. Per questo quando un comparto industriale che funziona entra in crisi, è il made in Italy nel suo complesso a risentirne.
Nel futuro non so se ci sarà questa capacità di vedere attraverso un pensiero che si basa sulla lungimiranza, da parte di chi ci governa e da parte di chi avrebbe il compito di veicolare sui mercati internazionali i nostri prodotti. Ci spero, ma i segnali non sempre sono positivi. Vinceremo se continueremo a puntare sulla qualità, sul lusso e non su un tipo di produzione che cerca di trovare il margine per fare la guerra del prezzo con paesi produttori che, per mancanza di diritti e conseguentemente facendo leva su minori costi di produzione, potrebbero spazzare via le nostre più importanti e rinomate aziende.
Conosci il Piano Nazionale Impresa 4.0? Cosa pensi del mondo delle start-up?
Valuto positivamente tutte le iniziative che mirino a traghettare le aziende nel futuro. Bisogna capire però che dietro i nomi altisonanti ci sono le vite di molte persone che, se non comprendono che il futuro prima o poi diventerà il presente, si rischia che i concetti e i buoni propositi rimangano vuoti. Negli ultimi anni, ad esempio, ho maturato un’avversione crescente nei confronti della moda di considerare le cosiddette “start up” come un’opportunità fisiologicamente e automaticamente positiva. Gran parte delle idee di business si scontrano con la messa a terra del progetto d’impresa. Anche io sono stato in passato uno startupper fallito e quindi lo sarò per sempre: la mia buona idea è stata spazzata via dal confronto con il mercato.
Purtroppo, ancora l’Italia non è pronta a considerare un fallimento come un valore come invece accade in altri paesi. Penso che le persone, prima di aprire una società, dovrebbe essere ben coscienti e informate dei rischi che si corrono nel portarla sul mercato reale. Che non è il mondo dei sogni.
Per lavoro ne avrai sicuramente conosciuti tanti: che tipo di qualità umane e comportamentali deve avere un buon imprenditore?
Un buon imprenditore deve avere le qualità di un campione della Moto GP: deve essere in grado di guidare un mezzo difficile da tenere in equilibrio e potenzialmente pericoloso e deve farlo con naturalezza, affrontando curve e rettilinei con la capacità di intuire quando è il momento di spingere a tutta e quando si deve staccare il dito dall’acceleratore.
L’imprenditore è una persona che accetta dei rischi, ma quelli bravi sono coloro che vedono gli iceberg prima di sbatterci contro.
Esiste un minimo comun denominatore di tutti gli imprenditori italiani di successo che operano nel made in Italy?
Entrando all’interno di molte aziende, anche grazie alla mia professione, ho avuto modo di conoscere di persona molti imprenditori, alcuni anche tra coloro che hanno dato il proprio nome al brand che rappresentano. Ho conosciuto tanti imprenditori dal carattere e dal talento molto differente l’uno dall’altro: mastri birrai, produttori di velluto, caseificatori, salumai, produttori di vino, di yacht, di marmo, di farmaci, di piastrelle, di pelle, di gelato e di occhiali. La cosa che, penso, li accomuni tutti, è la luce dentro agli occhi che non sembrano mai stanchi di fare quel lavoro. Persone realmente appassionate e che parlano del loro prodotto come si parla di un figlio. Molti di loro mi hanno fatto capire che “fare le cose all’italiana”, non è affatto dispregiativo. Perché loro sono italiani che le cose le fanno bene. Un altro elemento che li accomuna è che ognuno di loro si lamenta di come la burocrazia del nostro paese metta degli ostacoli che a volte sono degli inciampi, altre volte sgambetti, altre volte ancora dei muri invalicabili per sviluppare le loro idee, che a volte restano a coprirsi di ragnatele in fondo ad un cassetto.re
C’è un aneddoto curioso che racconti con piacere?
Una delle cose più divertenti che mi siano capitate fu quando entrai in una piccola malga vicino a Cortina d’Ampezzo per intervistare un casaro produttore di formaggi vaccini. Passai l’intera mattinata a fare il formaggio insieme a lui. Il made in Italy è così: per amarlo e capirlo devi sporcarti le mani.
Giampiero Cito, pubblicitario
http://www.giampierocito.it/
Siena (SI)
Toscana
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