Chinottissimo e la ricetta originale gelosamente custodita in famiglia

Una tradizione italiana delle bevande analcoliche, dal nonno Pietro Neri fino al primo nipote Simone.

Nel settore dei soft drinks e delle bevande analcoliche ci sono alcuni prodotti italiani che, quando li gusti e leggi la scritta “ricetta originale” sull’etichetta, ti fanno fare un tuffo nel passato. É il caso di un prodotto di eccellenza del made in Italy, una bevanda a base di chinotto che è entrata di diritto fra i prodotti cult dell’enogastronomia italiana. Stiamo parlando di Chinottissimo, una bevanda analcolica gassata che deve la sua fortuna alla formula originale tramandata dal fondatore di Chin8Neri, Pietro Neri, e oggi rilanciata dal nipote Simone Neri.

Ciao Simone, benvenuto. Quest’anno parteciperete al Cibus di Parma: avete prodotti nuovi o particolari da presentare?

Questa per noi sarà la seconda partecipazione al Cibus dopo quella del 2016. Nella prima edizione presentammo Chinottissimo 20 cl vetro e 1 litro Pet, mentre quest’anno faremo conoscere al grande pubblico la linea completa in vetro delle bevande della tradizione italiana: oltre al Chinottissimo, anche Arancissima, Spumissima, Limonissimo e Gassosissima. La particolarità è quella di avere sempre una linea naturale senza coloranti o conservanti, con un minimo di 12% di succo o polpa in base alla bevanda. Proponiamo l’eccellenza del territorio e per questo vogliamo stupire i nostri clienti con bevande uniche e dal gusto inconfondibile. Proprio da qui nasce il suffisso –issimo come superlativo assoluto di ciò che si beve.

Chinottissimo, Arancissima, Spumissima, Limonissimo e Gassosissima

Qual è lo stato di salute del settore bevande analcoliche in Italia? Avete notato una domanda in crescita o in flessione di recente?

La domanda c’è sempre solo che si è spostata su prodotti di nicchia. Questo perché il mercato delle bevande analcoliche è oramai saturo.

Le abitudini degli italiani nel consumo di bevande analcoliche sono le stesse dai tempi del nonno Pietro? O sono cambiate le occasioni e i luoghi di consumo? Avete notato nuovi trend interessanti di recente?

Indubbiamente sono cambiate. Nel dopoguerra, quando il nonno fondò l’azienda, la concorrenza era minima e questo gli permise di fare “la parte del leone” grazie alla qualità dei suoi prodotti. All’epoca si consumavano prevalentemente bevande al vino e olio nei bar, adesso il trend è nei cocktail che si possono consumare nei pub, nelle discoteche e in molti altri luoghi.

Parlaci delle tappe principali del vostro processo produttivo: come arrivate dalle materie prime al prodotto finito? In che modo riuscite a mantenere gli standard qualitativi?

La scelta delle materie prime è sempre stato il nostro punto di forza, prima era il nonno Pietro a scegliere i migliori prodotti che offriva il mercato, mentre oggi sono io a selezionarle grazie alle ricette storiche di cui sono in possesso. I nostri fornitori storici non ci hanno mai deluso e le nostre produzioni vengono eseguite con la mia scrupolosa supervisione: dal nostro stabilimento non esce neanche una bottiglia che io stesso non abbia controllato e inoltre ci avvaliamo delle migliori tecnologie produttive con standard di certificazione BIO, BRC E IFS.

Tre aggettivi per descrivere il Chinottissimo.

Superlativo, irrinunciabile, ricco di ingredienti.

L’impresa non è più solo profitto. Ha più responsabilità sociale verso consumatori, cittadini, ambiente. Cosa ne pensate? Che comportamenti virtuosi mettete in pratica in fatto di sostenibilità?

Si deve bere per la salute e non contro la salute, per questo abbiamo migliorato le ricette originali togliendo la chimica e rendendole naturali.
I nostri materiali pubblicitari vengono realizzati in cartone o cartoncini facilmente riciclabili, tutti dobbiamo pensare alla salute del nostro pianeta e anche la nostra azienda cerca di fare la propria parte.

La vostra azienda ha attraversato cessioni e momenti storici particolari. La formula originale dei vostri prodotti è però rimasta custodita gelosamente nella vostra famiglia. Vi va di raccontare al pubblico la vostra esperienza?

La nostra azienda nacque nell’immediato dopoguerra. Nel 1949 un giovane e talentuoso Pietro Neri decise di inventare qualcosa di unico per risollevare in qualche modo quel periodo cosi triste e brutto della popolazione italiana.

Iniziò nella fabbrica del Mandrione dove suo papà vendeva i blocchi di ghiaccio con i carretti e, dopo una serie di tentativi, riuscì a trovare l’alchimia giusta inventando il famosissimo Chin8neri. Fu un successo straordinario, tanto da aprire il più innovativo degli stabilimenti europei prima a Capranica, nel viterbese, e successivamente a Napoli e Bologna. Dal ‘49 al ‘65 il successo fu esaltante ma verso metà degli anni sessanta, purtroppo, un uragano si abbatté su mio nonno. Entro in contrasto con un politico molto importante dell’epoca e fu costretto a cedere sia i marchi che gli stabilimenti. L’unica fortuna fu non cedette mai le ricette originali di tutte le bevande.

Dopo il 1965 la Chin8neri ebbe una serie di fallimenti e cambi gestione proprio perché non riuscivano a riproporre la qualità delle bevande e piano piano, i consumatori si allontanarono dal marchio fino a farlo sparire.

Nel 2000 il marchio fu rilevato da alcuni imprenditori campani e ancora oggi producono bevande col marchio Neri, senza però avere nulla a che vedere con le ricette originali. Le stesse ricette originali di mio nonno che oggi sono in mio possesso e che è possibile gustare nella linea di bevande superlative di Chinottissimo.

Gli slogan e le pubblicità della vostra storica bevanda furono molto celebri fra gli anni cinquanta e settanta. Oggi come state portando avanti l’immagine della vostra azienda? Come punto di rottura con il passato o facendo leva sulle radici familiari?

Gli slogan sono stati realizzati tutti da quel genio di mio nonno: “non è chinotto se non c’è l’8” , “se bevi Neri, ne ribevi”, cosi come il marchio sopra l’8 raffigurante una corona a 4 punte con le iniziali del cognome NERI.

Oggi utilizziamo un immagine e logo retrò proprio per ricordare l’utilizzo di ricette antiche, utilizzando un passaggio generazionale in comunicazione con foto bianco/nero di nonno ad una a colori mia. Sicuramente le radici familiari sono importantissime, d’altronde sono il primo nipote. Abbiamo tutti lavorato alle bevande Chinottissimo fino alla sua morte, di lì la promessa di continuare a crederci e uscire nuovamente sul mercato nazionale ed internazionale.

Slogan e manifesto Chinottissimo

Negli ultimi anni il settore drink è diventato molto affollato. In che modo Chinottissimo riesce a mantenere identità e quote di mercato?

Grazie alla qualità del prodotto. È sufficiente berlo per capire la differenza rispetto alla concorrenza. Non a caso uno dei nostri slogan è proprio “non c’è concorrenza è un prodotto d’eccellenza”.

All’estero è pieno di prodotti italiani taroccati, prodotti dal nome che suona come italiano e presentati visivamente con i colori della nostra bandiera. Cosa pensate di questo fenomeno? Avete idee o proposte per arginarlo e migliorare la situazione?

All’estero purtroppo è una giungla, il made in italy è molto richiesto ma di italiano vero c’è ben poco. Italian Sounding è il termine usato per indicare le innumerevoli imitazioni di marchi e prodotti che attraverso l’utilizzo improprio della bandierina italiana cercano un richiamo alla presunta italianità. E questa è una forma di concorrenza sleale oltre che una truffa nei confronti dei consumatori. Per arginare questo problema c’è bisogno di un grande lavoro sia da parte delle istituzioni che dalle aziende esportatrici italiane; qualcosa si muove ma c’è ancora tanto tanto da fare.

Che significato date alla parola “innovazione”? Cosa vuol dire per voi fare innovazione?

Secondo me innovazione vuol dire servirsi delle nuove tecnologie industriali e produttive per reperire le materie prime e per la produzione finale, in modo da offrire i prodotti migliori ai consumatori finali.

Conoscete il Piano Industria 4.0 varato dal governo? Cosa ne pensate?

Sì, lo conosciamo e riteniamo sia un aiuto importante per noi imprenditori: grazie alle sue agevolazioni ci consentirà di respirare un po’.

La smart factory è un’azienda intelligente che tramite sistemi automatizzati, connessi e intelligenti diventa più efficiente e più produttiva. Sfrutta l’analisi dei dati, le tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale. Fa ricorso a robot, sensori, controlli da remoto, manutenzione predittiva, chatbot, stampa 3D, realtà aumentata, ecc. La vostra azienda può essere già considerata una smart factory? In che modo sta affrontando le trasformazioni tecnologiche? In quali aree aziendali?

Non siamo una smart factory, perlomeno per la parte produttiva che ancora viene eseguita dal nostro personale alla vecchia maniera. Qualcosa mi è stato proposto, soprattutto nel settore marketing con stampe 3d e realtà aumentata, ma sono al vaglio delle possibili soluzioni. Vedremo in seguito.

Chinottissimo
https://www.chinottissimo.com/it/
Via Benestare 52
Roma
Lazio


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